“Chissà che canzone avrebbe scritto Fabrizio De André se avesse saputo che nella valletta di Calunga, tra Revignano e Vaglierano d’Asti, in cui da bambino aveva sfogato con Nina le sue corse a perdifiato, tanto tempo prima mani contadine indurite dal tempo avevano cavato dalla terra argillosa strane e grandi ossa: e davanti a quei resti misteriosi si erano fermate, incredule e timorose, senza sapere bene cosa fare”.Comincia così la seconda puntata del ciclo di racconti “Fossili e Territori” pubblicata da oggi, per un mese, sul sito www.astipaleontologico.itProtagonisti della storia una balena e un delfino, entrambi di circa 4 milioni di anni, ritrovati nei sedimenti argillosi di Calunga, tra il 1862 e il 1869, in un paesaggio di vigne e campi di grano in cui, ottant’anni dopo, De André (il piccolo Bicio scappato dai bombardamenti di Genova, con la famiglia, a Cascina dell’Orto) e la sua amica Nina sarebbero andati a spiare in una pozza d’acqua le salamandre, giocando a scambiarli per dinosauri e draghi.Lo racconta a Laura Nosenzo, autrice del testo, la stessa Nina, Giovanna Manfieri, classe 1940, una delle voci del racconto che porta alla scoperta dei due grandi cetacei vissuti nel Mare Padano e conservati al Museo Paleontologico di Asti. Perché è proprio questo l’obiettivo che si propone “Fossili e Territori”, progetto promosso dal Distretto Paleontologico dell’Astigiano e del Monferrato in collaborazione con il Parco Paleontologico Astigiano: far conoscere, in dodici puntate online, gli esemplari non ancora esposti al pubblico e i luoghi che, per milioni di anni, li hanno conservati. In questo secondo viaggio si scopre come la balena (Plesiocetus Cortesii), giovane esemplare lungo circa sette metri di cui il museo custodisce ventisei grandi vertebre, fu casualmente trovata in una vigna da un contadino, che esagerò sul prezzo con un esperto paleontologo intenzionato ad acquistare lo scheletro. E che poi effettivamente comprò, ma “per poche diecine di lire – scrisse Bartolomeo Gastaldi di quella sua personale avventura – quando il sole, la pioggia ed il piede dei curiosi già l’avevano grandemente danneggiato”. Di oggi è la scoperta di Michelangelo Bisconti, cetologo e ricercatore universitario, che alcune vertebre portano il segno del morso di uno o più squali: potrebbero aver banchettato sulla carcassa finita in fondo al mare.Sette anni dopo il primo ritrovamento fu la volta, nel 1869, del piccolo delfino (Steno Gastaldii), considerato dagli esperti un esemplare raro. “Rotto il sonno e il sarcofago di terra – scrive Laura Nosenzo – il delfino del Mare Padano ha consegnato di se stesso all’uomo una grande quantità di vertebre (42), oggi ancora contrassegnate dalla numerazione di un secolo e mezzo fa quando furono accolte al Museo di Geologia e Paleontologia di Torino, 14 coste, 20 denti sciolti, parti di cranio e un eccezionale rostro con mandibole e mascelle in connessione: colpiscono i denti aguzzi, perfettamente preservati”.Affascina anche il riparo di terra dei due grandi cetacei fossili: il paesaggio a poca distanza da Asti, campagna silenziosa e serena; la conca che dà verso la stazione di San Damiano (nel territorio di Vaglierano d’Asti, nei cui pressi fu ritrovata la balena) attraversata dal rio Valleandona, che a monte percorre una terra ricca di fossili pliocenici e nell’areale di Calunga contribuisce a creare una zona umida ricca di biodiversità e dagli ecosistemi delicati. Anche per questa seconda puntata di “Fossili e Territori”, ricca di dettagli inediti e di fotografie, l’autrice si è avvalsa della consulenza scientifica di Piero Damarco, paleontologo e conservatore del Museo Paleontologico di Asti, con la collaborazione di Michelangelo Bisconti, cetologo e ricercatore universitario, e Federico Imbriano, naturalista per il Distretto Paleontologico dell’Astigiano e del Monferrato e per il Parco Paleontologico Astigiano.Sei luoghi particolari, da scoprire senza fretta, sono infine segnalati a Calunga o nelle sue vicinanze: anzitutto Cascina dell’Orto, in cui abitò De André a partire dal 1942. A seguire la Riserva naturaledella Valle Andona, Valle Botto e Valle Grande, il Verneto (bosco puro di ontani) di Tigliole e tre mete speciali di San Damiano: la chiesa di San Giulio con la Madonna con il Bambino (statua del Trecento), laGalleria di Palazzo Carlevaris (sede del Municipio), il Bosco di tartufi dell’Associazione I Ricostruttori.