Anche le aree protette astigiane non si sottraggono all’eccessiva presenza di cinghiali e ai danni che ne derivano: problema monitorato dai guardiaparco, a partire dal 2008, attraverso piani triennali di gestione e controllo della specie attuati in base alle norme regionali e nazionali. I dati indicano che nel biennio 2013-2014 sono in crescita le domande dei privati, alla Provincia, per il risarcimento dei danni alle coltivazioni agricole nella riserva naturale della Valleandona, Valle Botto e Valle Grande (comuni di Asti, Settime, Cinaglio, Camerano Casasco), mentre sono diminuite nell’area protetta della Val Sarmassa e nel parco naturale di Rocchetta Tanaro. A essere prese di mira sono soprattutto le aree coltivate a mais. Ma la presenza dei cinghiali non riguarda solo la difesa dei terreni (campi, orti, prati, noccioleti, vigneti) in cui gli animali cercano o trovano cibo, calpestano e scavano. “Abbiamo il dovere – indica Felice Musto, commissario dell’Ente di Gestione delle Aree Protette Astigiane – di tutelare le persone che frequentano le nostre realtà, considerandole più sicure di altri luoghi. Per quanto distanti dal traffico della viabilità principale, è comunque necessario cercare di prevenire il rischio di incidenti stradali, cioè lo scontro tra cinghiali e autoveicoli. Non ultimo, dal momento che operiamo nelle aree protette, dobbiamo preoccuparci che questi animali non mettano in pericolo le condizioni di equilibrio ecologico sotto il profilo ambientale, floristico e faunistico”. Il piano 2014-2017 per la gestione e il controllo dei cinghiali, redatto dal responsabile dei guardiaparco Gian Carlo Ravetti, ha previsto l’attuazione di interventi diversificati: dal monitoraggio della specie attuato con rilevamenti notturni e l’impiego di fototrappole, all’utilizzo sperimentale di recinzioni elettrificate per le prevenzione dei danni negli appezzamenti agricoli, fino agli abbattimenti selettivi. Questi ultimi nei mesi scorsi sono stati preceduti da un corso di formazione per l’abilitazione alle qualifiche di operatore selezionato e conduttore di cane limiere e da traccia: trenta i cacciatori che vi hanno partecipato e che hanno superato l’esame di idoneità dopo aver frequentato le lezioni teoriche e sul campo. Gli abbattimenti selettivi, attuati tra febbraio e marzo, hanno riguardato 17 cinghiali (14 nella riserva della Valleandona, Valle Botto e Valle Grande, 3 in quella della Val Sarmassa) e sono stati attuati con la tecnica della girata, intervento di tipo collettivo che ha coinvolto una dozzina di cacciatori per volta, con il coordinamento dei guardiaparco. Da fine maggio a fine settembre, intanto, gli interventi di controllo dell’Ente di Gestione proseguiranno con altri appostamenti notturni nelle aree considerate più sensibili, mentre è già stato pianificato, dopo il successo della sperimentazione attuata, l’acquisto di altre reti elettrificate a protezione delle colture più pregiate. Tutte le operazioni tecniche sono coordinate dal guardiaparco Pierluigi Iguera, tenendo conto delle normative regionali e delle linee guida dettate dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). “Per il futuro – indica il commissario Musto – per la tutela delle colture di pregio è auspicabile insistere con l’adozione di metodologie alternative, già impiegate nella lotta contro i danni da altri ungulati (per i caprioli, per esempio, l’uso di caseina idrolizzata che agisce come repellente olfattivo e gustativo). In questo senso l’Astigiano, puntando a ottenere fondi da Regione e Unione Europea, potrebbe candidarsi per un progetto di studio mirato”.