E’ a casa sua. Stringe mani, abbraccia persone e saluta tutti. La troupe che va in tournè con lui sta provando gli strumenti e le attrezzature per i giovani talenti che lo hanno seguito lì: Enula fra le prime. Lì è casa sua. Nella piazza principale di Rocchetta Tanaro, dove tutti lo conoscono e lo amano. Forse proprio per questo ci concede il privilegio di parlare con una persona e non solo con una Rock Star. Sarebbe semplice parlare di Omar Pedrini, dei suoi concerti, dei suoi successi, dei Timoria, della sua carriera, ma lui ci apre un’altra porta. Quella più difficile e nascosta, eppure l’unica che valga la pena davvero di essere raccontata: quella dell’anima. Ogni intervista in fondo non è che un ritratto dipinto con l’inchiostro: questa volta proveremo a dipingere un emozione.
Cos’e il Rock, Pedrini?
“Michelangelo quando scolpì il David disse che lui aveva solo tolto quello che non serviva: è più facile dire cosa non è il rock piuttosto che cos’è. Il rock non è solo una chitarra, una batteria o sex and drugs. Non è solo musica, non sono solo film come Easy Riders, non è solo un modo di vivere come la Beat generation, non è solo arte come Andi Wharol, pur essendo anche tutte queste cose. Il Rock è un emozione che comprende tutto e ti pervade. E’ arte, musica, poesia”.
E’ poesia?
“Certo. E noi stiamo preparando un Festival Rock a due passi dalla terra di Cesare Pavese. L’uomo che scrisse verrà la morte ed avrà i tuoi occhi. E siamo nella terra di Giacomo Bologna, l’uomo che ha scritto: costruitevi una cantina e rallegratela di tante bottiglie. Perchè anche il vino è poesia. E’ condivisone di sentimenti e emozioni”.
Cos’e un emozione?
“Ad esempio ascoltare “Whish you were here” dei Pink Floyd, oppure emozionarci facendo emozionare gli altri in una condivisione di anime, di menti e di cuori”.
A lei è successo?
“A tutti deve succedere. La musica stessa è condivisione che va ascoltata con altri e non da soli come, troppo spesso, si fa adesso. Un concerto è un emozione e chi canta non è che un tramite, una sorta di medium, che trasferisce le emozioni di chi ha scritto e pensato la canzone a chi la ascolta che le fa proprie e le porta con sè per condividerle con chi ama. Per me fare un concerto significa questo”.
Qual è la canzone che la emoziona di più?
“Ancora non riesco a cantare “Sacrificio”. La suono, ma un groppo un gola mi impedisce di cantarla: solo ora dopo tanti anni riesco a cantarne qualche strofa. La scrissi da adolescente quando tentavo di autodistruggermi. Ero tornato a casa una notte e vedendo mia madre che dormiva nel letto scrissi questa canzone. E’ dedicata a lei che ora non c’è più”.
Lei ne ha passate tante: crede in Dio?
“Dio mi dovrà dare delle spiegazioni, se vorrà farlo, un giorno. Mi dovrà spiegare perchè tante cose sono successe anche a me, perchè io non l’ho ancora capito. Erano prove? Non lo so, ma perchè proprio io?”.
Come si immagina Dio?
“Credo che ci sia un qualcosa lassù, di inconcepibile, e che qualcuno ha tentato di spiegarci. Buddha, e perchè no, anche Gesù Cristo: il primo comunista o forse anarchico della storia”.
Cosa pensa dell’anarchia?
“L’anarchia non è rivoluzione violenta. E’ rivoluzione di cuori, di menti e di cultura. E’ l’ordine senza potere. Il contrario di quanto ci hanno mostrato e venduto in televisione dagli anni ’80 in avanti, dove tutto è merce catalogata con un numero ed un prezzo, e rimane così poco per il cuore, per i propri sentimenti e per pensare con la propria testa. Che è e deve essere diversa da quella di ciascun altro: ciascuna, a modo suo, grande e meravigliosa”.
Foto omarpedrini.com
Paolo Viarengo