Dopo la sentenza dei giorni scorsi emessa dal giudice Francesco Donato che ha stabilito lo sgombero entro 20 giorni della palazzina occupata di via Orfanotrofio i volontari del coordinamento Asti Est, una delle realtà che si occupano del diritto all’abitare hanno indetto una raccolta firme di solidarietà. Come se non bastasse nel corso del consiglio comunale che si è svolto ieri sera hanno letto una lunga lettera firmata dalla volontaria dell’associazione Alessandra Marras che spiega le ragioni del no allo sgombero delle undici famiglie in emergenza abitativa che nel dicembre del 2010 hanno preso possesso dell’edificio dell’ex mutua riadattandolo ad abitazioni e ottenendo anche la residenza. Intanto oltre alle mosse civili del coordinamento il pool di avvocati della difesa rappresentati dai legali Roberto Caranzano, Luca Corbellini, Diego Priamo e Gianluca Bona, hanno annunciato lil ricorso in appello.
Di seguito pubblichiamo l’intervento della volontaria in consiglio comunale.
“Mi chiamo Alessandra Marras, sono una volontaria del Coordinamento Asti Est. La mia associazione è ben nota in città e nel mondo politico astigiano a cui si è spesso rivolta, chiedendo un appoggio alle sue lotte e alle sue iniziative in difesa del diritto all’abitare.
Come è noto, gestiamo uno sportello a cui si presentano persone e famiglie con problemi abitativi. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito ad un acuirsi drastico del problema, che prima riguardava solo poche realtà, ma ora si è trasformato in emergenza continua e diffusa di centinaia di famiglie vittime della perdita del lavoro e del reddito a causa della crisi che è sotto gli occhi di tutti. E’ la stessa conclusione cui sono arrivati ultimamente enti pubblici ed associazioni come Caritas, Anci, Federcasa, sindacati confederali e di base.
Con la passata Amministrazione spesso siamo stati costretti a scontrarci, avendo di fronte talvolta un muro di gomma, talaltra diffidenza, ostilità, quando non atteggiamenti di pregiudizio o di xenofobia nei confronti di chi si rivolge al nostro sportello. La nostra azione consiste in primo luogo nell’indicare alle persone in difficoltà gli strumenti di cui possono avvalersi; in seguito ci confrontiamo con gli enti pubblici, Comune, Prefettura, Questura, ufficiali giudiziari, e così via, e se questo non è sufficiente, confliggiamo con le istituzioni, organizzando contrasti degli sfratti.
Dall’aprile 2010 ad oggi sono stati occupati da famiglie sfrattate, impossibilitate, per mancanza di reddito, ad accedere al mercato privato delle abitazioni, tre edifici, due di proprietà pubblica, uno di proprietà privata; queste scelte sono state pagate con decine di denunce e relativi processi, ma le abbiamo considerate come azioni di disobbedienza civile, convinti che non tutto ciò che è formalmente legale corrisponda sempre a criteri di giustizia reale.
Ci auguriamo di trovare nella nuova amministrazione una sensibilità diversa verso le tematiche che ci stanno a cuore e dobbiamo constatare che i primi incontri avuti con l’assessore competente, con il sindaco ed altri esponenti della giunta ci inducono ad un atteggiamento di cauto ottimismo.
In particolare, apprezziamo l’intento di affrontare il problema abitativo non solo sulla base dell’emergenza, ma approntando strumenti quali un vero e proprio “piano casa”.
I motivi che ci hanno indotti a chiedere di intervenire in Consiglio, in ordine di urgenza e non di importanza, sono essenzialmente due:
l’ordinanza di sgombero per l’ex-mutua di via Orfanatrofio
l’occupazione degli edifici in vendita giudiziaria di corso Volta.
Per l’ex- mutua di via Orfanatrofio, è stata emessa nei giorni scorsi la sentenza del processo civile, in cui il giudice ha dato ragione alla proprietà, l’Asl, che aveva chiesto di rientrare in possesso dell’edificio, decretando lo sgombero delle 11 famiglie che, a causa di sfratti non più rinviabili, vi si erano insediate dal dicembre 2010. Ricordiamo che la sentenza al termine dell’analogo processo su via Allende aveva invece riconosciuto lo stato di necessità come causa dell’occupazione.
Su questa vicenda, le richieste dell’associazione sono essenzialmente due, una a breve, la seconda a più lungo termine:
per le 11 famiglie che hanno nel tempo reso abitabili con un lavoro di autorecupero veramente encomiabile, quelli che erano solo ambulatori e sale d’attesa, trasformandoli in nuclei abitativi di tutto rispetto, chiediamo il passaggio “ da casa a casa”, cioè l’assegnazione di alloggi popolari, essendo irricevibili alternative quali quelle offerte dalla passata Amministrazione, di ricovero in strutture quali il Maina o l’Agriturismo, o in dormitori, peraltro con carico economico per l’ente pubblico non indifferente. Queste sistemazioni, inizialmente offerte in via provvisoria, sono tuttora in atto, a distanza di più di un anno). Ribadiamo inoltre che non accetteremo proposte di divisione dei nuclei familiari, non volendo che si aggiungano, a problemi abitativi e di lavoro, problemi di relazione. Chiediamo dunque che si attivino incontri con l’Asl, per ottenere un rinvio dello sgombero, in attesa che siano predisposti i piani di trasferimento delle famiglie in altra abitazione.
A più lungo termine, considerando che l’ex-mutua di di via Orfanatrofio ospita attualmente anche uno spazio sociale, in cui vengono organizzati dibattiti, convegni, mostre e laboratori, con un apporto culturale di buon livello usufruibile dalla città intera, chiediamo che questo edificio sia sottratto alla speculazione immobiliare, venga recuperato per usi sociali, nelle forme che l’amministrazione vorrà concordare con altri enti (pensiamo in primo luogo alla Fondazione Cassa di Risparmio): si potrebbe ipotizzare un’operazione di housing sociale o il realizzo di abitazioni popolari che servano in modo transitorio per le famiglie che in futuro subiranno sfratti, poiché purtroppo il problema è destinato a ripresentarsi, in misura sempre più grave.
Passo ora al secondo punto, cioè alle palazzine di corso Volta 149 e 151. Una premessa: l’occupazione non è stata assolutamente voluta come atto contro l’Amministrazione, da poco insediata, bensì necessitata dalla condizione di sfratto non più rinviabile delle famiglie.
Si tratta, come è noto, di edifici in vendita giudiziaria: finora l’asta è andata deserta ( il prossimo appuntamento sarà a settembre) e la base d’asta è ormai scesa a livelli quasi irrisori ( meno di 500.000 euro per 20 alloggi). Anche in questo caso, chiediamo che l’Amministrazione si attivi per acquisire gli stabili, per destinarli a uso sociale, e ad aumento del numero di alloggi popolari a disposizione dell’Atc. Ricordiamo che è possibile far ricorso a strumenti quali il comodato d’uso per un numero prestabilito di anni con le famiglie che, insediandosi negli appartamenti a titolo gratuito, si impegnano a realizzare i lavori di recupero strutturale: in altre città, questo è già stato realizzato.
Nel concludere, ringraziamo per l’attenzione e facciamo ancora appello alla sensibilità personale ed alla lungimiranza politica di assessori e consiglieri, sicuramente consapevoli che un problema sociale di questa gravità va trattato con strumenti adeguati e non trasformato in problema di ordine pubblico”.