L’Asl e il territorio: un tema di particolare attualità che, nell’attività dell’Azienda sanitaria, si esplica attraverso l’offerta dei servizi garantiti quotidianamente all’utenza, ma non solo.
“Diamo un contributo determinante – indica il direttore generale dell’Asl AT, Luigi Robino – anche sotto altri profili: per esempio attraverso gli appalti delle grandi opere (dal nuovo ospedale della Valle Belbo alle Case della salute e così via) che stiamo realizzando nell’Astigiano: in numeri sono otto cantieri, di cui quattro affidati direttamente a ditte locali per un importo di 44 milioni di euro su un totale di 47 milioni. Un altro dato: le imprese complessivamente coinvolte negli otto cantieri sono quindici, di cui nove astigiane interessate a vario titolo. Chi dice che siamo poco attenti allo sviluppo locale e che non sosteniamo le imprese di questa provincia afferma cose non vere. Peraltro il nostro contributo non si ferma ai lavori pubblici e alla manutenzione degli impianti”.
L’Azienda sanitaria, ricorda Robino, sta dando un sostegno indiscusso alle aziende agricole astigiane attraverso il progetto di ristorazione ospedaliera a filiera corta che utilizza, per gran parte, i prodotti del territorio: 17 dei 48 fornitori sono “made in Asti”. Prima del 2008, quando vigeva un altro sistema di approvvigionamento dei prodotti, i fornitori erano cinque. Di quel milione e 900 mila euro che l’Asl spende attualmente per le derrate, un milione viene versato alle aziende locali.
Altro settore indicativo è quello socio-assistenziale: nel 2009 le cooperative sociali (per gran parte locali) impegnate nella gestione delle case di riposo dell’Astigiano hanno visto aumentare, rispetto al 2008, i loro introiti del 109% contro il 24% delle società private, il 9,5% della parte pubblica e l’1% del privato religioso. “Negli ultimi giorni – annota Robino – si è tornati a parlare dell’hospice, struttura dedicata ai malati terminali. Ricordo che fin dal 2006 l’Asl si è detta d’accordo, al tavolo di lavoro a cui siedono anche altri enti pubblici, a creare un centro all’interno della casa di riposo Città di Asti: ma non siamo noi il soggetto che lo deve realizzare”.
La necessità di chiarezza, necessaria per informare correttamente i cittadini/utenti dell’Astigiano, riguarda anche il modello di sanità territoriale: “Le Case della salute – indica Robino – sono previste da una legge dello Stato che ha dedicato appositi finanziamenti. Stiamo applicando le normative: così facendo portiamo i servizi più vicino al cittadino (cioè a una popolazione che va progressivamente invecchiando) e rendiamo più forte il territorio. Negli ultimi tre anni questo modello è stato approvato all’unanimità dai sindaci: se riusciremo ad attuarlo saremo più avanti di altri e avremo strutture nuove con sistemi avanzati, come la telemedicina, e un’organizzazione del lavoro che libera l’utenza dai tempi di attesa. Anche sui costi bisogna essere chiari: l’Astigiano conta oggi su sei Case della salute già finanziate (all’incirca 20 milioni di euro). Questa stessa rete, estesa a tutto il Piemonte, richiederebbe un investimento complessivo che non basterebbe per costruire un ospedale nuovo a Torino. E per attivare le Case di Nizza e Canelli non abbiamo dovuto assumere un solo addetto: è bastato riorganizzare il personale in organico”.
Per fine anno, intanto, saranno pronte le strutture di San Damiano e Villafranca; si sta lavorando alla progettazione esecutiva delle Case di Calliano e Villanova, che nasceranno ex novo, mentre a Castello d’Annone si ristrutturerà un fabbricato esistente.
Oggi, intanto, a Canelli sono stati attivati i servizi (centro prelievi, ambulatori specialistici, gruppo di cure primarie); il trasferimento da viale Risorgimento alla nuova struttura di via Solferino ha portato a un potenziamento di quello infermieristico (da una a due ore al giorno), che opera in stretto contatto con i medici di famiglia. Dalle 7,30 alle 12,30 sono stati 120 gli utenti serviti (476 quelli di ieri alla Casa della salute di Nizza).
“L’obiettivo di questa Azienda – la conclusione di Robino – è di rendere più forte il territorio in un sistema di sanità pubblica, lasciando all’ospedale la cura delle patologie acute, le sole che necessitano di ricovero. Le due case di cura private che in questi ultimi anni hanno chiuso ad Asti, si sono rivelate doppioni del ‘Cardinal Massaia’, in fase di decollo: un investimento sbagliato e uno spreco di risorse. Ma questo non è un problema dell’Asl, che guarda ad altri modelli e persegue altri obiettivi”.