La stagione di prosa del Teatro Alfieri prosegue a ritmo incalzante con un altro spettacolo di grande successo.
Giovedì sera alle 21 Maria Amelia Monti calcherà il palco del nostro grande teatro portando in scena un testo di Natalia Ginzburg “La Parrucca”. Accanto alla più straordinaria interprete dei personaggi femminiliginzburghiani ci sarà un attore di provata esperienza come Roberto Turchetta, con la regia di Antonio Zavatteri.
Ne parliamo direttamente con la protagonista che ci racconta dello spettacolo, della Passione per la Ginzburg e della sua, ormai, lunga esperienza di attrice sempre gioviale e sorridente.
Ci parli de “ La Parrucca” che porterà sulla scena del Teatro Alfieri…
A dir la verità non è una commedia vera e propria ma si tratta di due atti unici di Natalia Ginzburg “La Parrucca” e “Paese di Mare” che sembrano l’uno la prosecuzione dell’altro.
“La Parrucca” da cui eravamo partiti dura una ventina di minuti per cui abbiamo deciso di inserire “Paese di mare” che ne è il giusto complemento.
Sul palco con me c’è Roberto Turchetta. In “Paese di mare” siamo una coppia girovaga e problematica che prende possesso di uno squallido appartamento in affitto.
Lui, Massimo, è un uomo perennemente insoddisfatto, passa da un lavoro all’altro ma vorrebbe fare l’artista.
Lei, Betta, è una donna ingenua, irrisolta, che si deprime e si annoia facilmente, e tuttavia è genuina come solo i personaggi della Ginzburg sanno essere.
Ne “La Parrucca”, ritroviamo Betta e Massimo in un piccolo albergo isolato, dove si sono rifugiati per un guasto all’automobile. Betta è a letto disperata e dolorante perché durante un litigio Massimo l’ha picchiata. Massimo, che ora è pittore ma dipinge quadri che la moglie detesta, si è chiuso in bagno a leggere.
Dopo aver urlato al marito la sua rabbia e la sua frustrazione per un matrimonio che non funziona più, Betta telefona alla madre e le rivela di essere incinta di un politico con cui ha una relazione clandestina.
Nello spettacolo si toccano tematiche importanti…
In effetti è un’opera comica, drammatica, vera, scritta con l’ironia e la leggerezza che rendono la Ginzburg unica nel panorama della narrativa e della drammaturgia italiana.
“Paese di mare” risale alla fine degli anni ’60 mentre “La Parrucca” è stata composta nei primi anni ’70…periodi di grande fermento culturale ma in cui c’erano ancora molti tabù.
Salta subito agli occhi la tematica femminista con il problema della violenza sulle donne : Betta si prende un cazzotto dal marito e poi nel colloquio con la madre racconta di essere l’amante di un politico da cui sta aspettando un figlio.
In quegli anni dare uno schiaffo ad una donna era quasi normale, oggi sarebbe inaccettabile, d’altronde la madre chiede a Betta che cosa abbia fatto al marito per provocarne una reazione così violenta.
Fortunatamente in cinquant’anni , nonostante le violenze forse siano più cruente, è cambiato il modo di concepire le cose e le donne sono diventate consapevoli dei loro diritti e delle loro grandi capacità ed hanno la forza di denunciare i soprusi.
Lei è molto legata alla Ginzburg…
Mi piacciono molto i personaggi femminili di Natalia Ginzburg.
Ero molto giovane, agli inizi della mia carriera, stavo facendo “La Tv delle ragazze” e in teatro preparavo un suo testo, “La segretaria” diretto da Marco Parodi. Natalia un giorno venne a vedermi durante una prova, avevo il cuore che mi andava a mille, per me lei era il massimo, a scuola ero cresciuta con “Lessico famigliare” e avevo sempre fatto i suoi monologhi, insomma avevo una paura immensa. Alla fine della prova me la sono trovata in camerino pronta ad abbracciarmi: avevo interpretato il suo personaggio proprio come lei se l’era immaginato. Mi disse che avrebbe scritto altri testi per me, ma purtroppo dopo qualche anno ci ha lasciato. Questo lavoro è dedicato ai 30 anni della sua scomparsa. Il mio grande rammarico è stato proprio questo non aver avuto la fortuna di poter recitare scritto da Lei, su misura per me.
Vorrei un giorno riportare in scena “L’intervista “ scritto per Giulia Lazzarini con Alessandro Haber.
Massimo Allario