Martedì 1° ottobre a partire dalle 11 nell’Aula Magna del Polo Astiss, cerimonia di avvio dell’anno accademico 2013-2014. Dopo i saluti del presidente del consorzio Astiss Michele Maggiora e del sindaco Fabrizio Brignolo, interventi di rappresentanti dell’Università di Torino e dell’Università del Piemonte Orientale. Alle 11,45 conferenza di Michael Segre dal titolo “Verso una università aperta” introdotto dal direttore del consorzio Astiss Francesco Scalfari. Info: ufficio.studenti@uni-astiss.it A Michael Segre, ordinario di Storia della scienza all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti, abbiamo fatto alcune domande sullo stato dell’istituzione universitaria italiana, e in particolare, un’opinione sul polo astigiano. Soprattutto in Italia, la valutazione dei prodotti accademici è riservata a un tribunale esso stesso accademico, senza avere quasi mai un effettivo riscontro dalla realtà. Bobbio e Calogero, per pubblicare in Italia Popper, non trovando sponda nel mondo universitario, si appoggiarono a una piccola casa editrice di scolastica pedagogica. E’ cambiato qualcosa da allora, secondo lei? La valutazione di prodotti scientifici è un processo problematico, discusso in tutto il mondo. In Italia qualcosa è sicuramente cambiato in meglio. Durante la Prima Repubblica l’università italiana era molto politicizzata e controllata da una maggioranza comunista che metteva alle strette una minoranza cattolica. Ambedue gli orientamenti temevano la critica popperiana e ne ostacolavano la diffusione. Oggi, invece, l’università italiana è molto meno politicizzata, e le tesi di Popper sono diffuse e apprezzate. Il modello socratico della ricerca del sapere, stante l’impossibilità umana di un possesso soddisfacente, si accorda con l’invito popperiano di una “ricerca critica, persistente e inquieta, della verità”: il modello delle Universitas occidentali smentisce l’idea di continua ricerca, ma, sin dal nome onnicomprensivo, si presenta come presidio e dispensa infallibile di conoscenza. Come si può aprire oggi l’università? Quale modello alternativo alla cattedra può esserci in questo presente in cui ogni mezzo di comunicazione diventa facilmente pulpito? L’università può essere aperta incoraggiando la critica alleggerendo i vincoli sociali e burocratici che l’avvolgono e ostacolano la scienza. La lezione frontale può essere sostituita da molteplici mezzi tecnologici, come CD o lezioni scaricate dal web. Questi andrebbero preferibilmente preparati da Maestri d’insegnamento a livello internazionale che produrrebbero del materiale canonico ad alto livello, tradotti e distribuiti in tutte le università e studiati dagli studenti a casa, evitando lezioni in aula con tutte le restrizioni che esse comportano. Ciò, tuttavia, non renderebbe in alcun modo il docente universitario superfluo; egli interverrebbe nel corso di seminari nei quali si discuterebbe il contenuto della lezione stimolando il senso critico degli studenti. Quale potrebbe essere il valore aggiunto di una realtà come quella del polo universitario astigiano? A cosa dovrebbe aspirare? L’università, in tutto il mondo, è in crisi e proprio istituzioni snelle come il polo universitario astigiano potrebbero contribuire a migliorarla. Ricordiamoci che la rivoluzione scientifica del Seicento è stata realizzata grazie a istituzioni extrauniversitarie come le accademie e le corti, che hanno anche contribuito al miglioramento dell’università. Il polo astigiano dovrebbe incoraggiare l’onestà intellettuale, la critica e l’eccellenza e così colmare le deficienze dell’università e aiutarla a uscire dalla crisi. L’intervista completa sulla Gazzetta d’Asti in edicola venerdì 4 ottobre 2013. MN