Direttrice del Museo del Palio e pilastro dell’Archivio Storico astigiano, Barbara Molina ha collaborato, insieme a Donatella Gnetti, già direttrice della biblioteca, a Maresa Barolo, esperta di storia dell’arte locale, e al professor Ezio Claudio Pia, medievalista, all’organizzazione della prima edizione del Festival del Medioevo Astese. Dalle sue parole traspaiono tutta la passione e la preparazione su questo periodo storico che vedeva Asti come centro di importanti relazioni politiche ed economiche.
Quale fascino esercita su di lei il Medioevo?
“Il Medioevo Astese è la mia grande passione da sempre, fin dai tempi dell’Università. Ho avuto la fortuna di avere maestri del calibro del professor Renato Bordone e la passione in me è cresciuta in maniera esponenziale. Il Palio per certi versi è il passaggio seguente, poiché costituisce l’esplicitazione del Medioevo Astese”.
Cosa rappresenta per lei il Museo del Palio?
“Il Museo venne finanziato nel 2015 con il Pisu, il piano di sviluppo urbano integrato, che riguardò le periferie Ovest di Asti. Ho seguito tutto l’iter della sua evoluzione, a partire dalla nascita fino a oggi: il comitato scientifico che ha lavorato all’allestimento e ai testi, l’attività didattica, l’attività promozionale e le mostre. Lo sento un po’ anche mio. Nelle splendide sale di Palazzo Mazzola, in via Cardinal Massaia, sono state la storia della manifestazione, racchiusa in documenti d’epoca originali: manifesti, locandine, bandi, bozzetti, costumi e stendardi. Il Palio è un po’ la cartolina del Medioevo Astese, e la ricerca storica che i comitati Palio conducono per organizzare la sfilata anno dopo anno è sempre più approfondita. È anche la particolarità che distingue Asti da tante altre città medievali. Un elemento popolare che sono stata molto felice di inserire nel circuito del Festival del Medioevo Astese”.
A questo proposito, come giudica la storia che esce dall’Accademia per incontrare i cittadini?
“Durante il Festival ci sono state incontri dal taglio molto accademico, è vero, ma anche incontri più pop, come quello sui gialli nel Medioevo del giornalista Riccardo Santagati, o il concerto della Ghironda. L’incontro con la storia è fatto di entrambe le cose. In generale, considero l’uscita dall’Accademia come un fattore molto positivo. È da sottolineare che, accanto a docenti molto noti e affermati come il professor Cardini, abbiamo potuto ascoltare anche giovani ricercatrici come Pauline Gomes e Adele Geja del CoMOR. Loro sono esponenti di una nuova scuola torinese che si avvicina nuovamente al Medioevo di Asti dopo gli studi del professor Bordone dagli anni ‘80 ai primi anni Duemila. Ci riempie d’orgoglio il fatto che Asti stia tornando in un circuito di studi internazionale perché, anche se gli astigiani non sempre lo sanno, la loro città è un caso-studio conosciuto in tutto il mondo. Nei mesi scorsi abbiamo ospitato un dottorando della Columbia University e una docente dell’Università del Kansas interessati a studiare il Codex Astensis conservato, così come tantissime altre carte e documenti, nell’archivio messo insieme dal professor Bordone che è davvero il cuore pulsante degli studi sul Libero Comune di Asti in epoca medievale”.
L’intervista completa e altri approfondimenti sul Festival del Medioevo Astese sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 27 settembre 2024
Elena Fassio