I conflitti nell’Est della Repubblica Democratica del Congo sono una costante da oltre 30 anni, a causa delle immense ricchezze del sottosuolo. È infatti enorme il traffico di minerali preziosi che dal Congo giungono in Rwanda, per poi essere venduti sul mercato internazionale. Oro, diamanti e coltan rappresentano le voci principali di questo traffico estremamente remunerativo di cui le gerarchie militari ruandesi, insieme ai leader ribelli congolesi, ne sono i principali beneficiari. Ne abbiamo parlato con Domenico Quirico, giornalista de La Stampa conosciuto per i suoi reportage dai fronti più pericolosi del mondo.
Quale realtà ha conosciuto e raccontato del Congo?
“Sono stato più volte in questo stato enorme, soprattutto nella fascia est, nelle zone dove c’erano rivolte, combattimenti e guerre: praticamente la storia del Congo, dall’indipendenza a oggi. La realtà che ho conosciuto e conosco è quella del saccheggio. Uno stato maledetto dalla sua mostruosa ricchezza mineraria che ne ha fatto, dall’epoca del colonialismo belga a oggi, oggetto di infiniti saccheggi, mine politiche, traffici, violenze tribali e ideologiche, violenze tra nazioni. Questo è il filo rosso della storia del Congo, la maledizione della ricchezza mineraria che ha avuto stagioni diverse: quella del rame e dello stagno, dei diamanti e dell’oro, e ultimamente del coltan e di tutti i materiali cosiddetti strategici”.
Le relazioni tra Congo e Rwanda sono in costante deterioramento. Quali sono le origini del conflitto?
“Per comprendere ciò che sta accadendo in questo momento, è inevitabile fare riferimento al 1994, anno del genocidio in Rwanda che causò l’arrivo di migliaia di profughi nella zona Nord-Orientale del Congo, il Kivu. Gli Hutu massacrarono centinaia di migliaia di Tutsi, e per sfuggire alla vendetta di questi ultimi, si rifugiarono nelle foreste. Fuggì un’enorme quantità di popolazione civile Hutu, ma fra la moltitudine si nascosero anche i genocidari, che costituirono lo strumento perfetto per entrare nella politica e nella società congolese, senza apparire come invasori. Gli sterminatori Hutu sono ancora lì, quanti siano quelli che furono realmente responsabili del massacro è difficile dirlo, ma si sono costituiti come uno degli innumerevoli gruppi armati che si dedicano al saccheggio dei minerali, al banditismo oppure si vendono alle lotte etniche tra le varie realtà congolesi del Kivu. Esistono ben 130 gruppi armati di varia natura”.
Qual è la vera posta in gioco?
“Il controllo delle ricchezze del sottosuolo. Il Rwanda è molto piccolo ma ben organizzato, non ha minerali e ha sempre sognato di impadronirsi di quelli congolesi, che sono proprio al di là della frontiera. Attualmente, attraverso un gruppo armato chiamato M23, un finto movimento della nazione congolese ma che in realtà è composto e comandato dal governo ruandese, le ambizioni sono cresciute. Il Rwanda controlla tutte le esportazioni. Il Congo è uno scrigno, ci sono posti in cui si dice che l’uomo non abbia mai messo piede; nelle sue foreste centrali ci può essere di tutto. L’estrazione è affidata a bande che prendono in appalto una zona della foresta, pagando una tangente a qualche funzionario corrotto del governo congolese, poi vengono arruolati dei bambini per estrarre i minerali che il Rwanda provvede a portare fuori dal territorio per avviarli ai mercati europei, asiatici e in qualsiasi luogo in cui vengano acquistati. Ci sono degli aeroporti nella foresta; i minerali vengono caricati sugli Antonov e portati nei luoghi in cui vengono commercializzati. Il saccheggio è quotidiano, con tutto quello che ne consegue: banditismo, delinquenza e corruzione mostruosa. I nomi dei minerali cambiano, ma la natura del problema non è mai mutato; un caso classico di sfruttamento capitalistico della miseria della gente che abita lì. Credo ci sia un tentativo esplicito di creare una sorta di stato fantoccio nel Kivu, un po’ come fa Putin in Donbass, anche se con uno schema diverso. Il governo congolese è fragilissimo, ha un esercito che non viene neanche pagato e che vive alle spalle degli abitanti delle zone che dovrebbe difendere, perciò il piano di passare dallo sfruttamento indiretto a quello diretto ha buone possibilità di riuscire”.
L’INTERVISTA COMPLETA E ALTRI APPROFONDIMENTI SULLA SITUAZIONE DEL CONGO SUL NUMERO DELLA GAZZETTA D’ASTI IN EDICOLA DA VENERDì 14 MARZO 2025
Cristiana Luongo