Sta destando grande preoccupazione la variante Omicron, identificata per la prima volta in Sudafrica alcune settimane fa.
In particolare, si discute sulla possibilità che le mutazioni a carico della nuova forma possano rendere le particelle virali più contagiose o resistenti ai vaccini. Nel frattempo, la variante si sta rapidamente diffondendo in tutti i paesi e anche in Italia sono stati già identificati diversi casi.
La variante Omicron deve preoccuparci? Sarà davvero più resistente ai vaccini? Cosa la differenzia rispetto alla variante Delta? Ne abbiamo parlato con il professor Fabrizio Maggi, docente di microbiologia presso l’Università degli Studi dell’Insubria.
Quando è stata identificata la variante Omicron?
“Il primo caso è stato identificato il 9 novembre in Sudafrica. La variante ha inizialmente preso il nome del paese in cui è stata identificata e, successivamente, rinominata “Omicron” dall’Oms secondo i criteri della nomenclatura con le lettere greche. Il fatto che sia stata scoperta in Sudafrica, comunque, non significa che sia nata lì. Anzi, non è da escludere che sia già presente in molti altri paesi. In effetti, in questi giorni stanno emergendo numerosi casi in tutto il mondo”.
Quanto si è già diffusa?
“Non possiamo ancora affermarlo con certezza. Sicuramente nei prossimi giorni emergeranno molti casi in giro per il mondo, come è già successo per la variante Delta. In ogni caso, non siamo sicuri che la variante sia più contagiosa delle precedenti, saranno necessari ulteriori studi”.
Perché la variante Omicron sta destando tanta preoccupazione?
“A mio avviso si è verificata una sovraesposizione mediatica: la variante ha ricevuto più “pubblicità” di quanto effettivamente meriti. È sicuramente una nuova forma, diversa dalla Delta e molto interessante a livello virologico per le mutazioni che presenta: per questo motivo deve comunque essere studiata. In ogni caso, le caratteristiche che le sono state attribuite – come una maggior trasmissibilità e la capacità di evadere la vaccinazione o di causare malattie più gravi – devono ancora essere verificate. Al momento, l’unica ipotesi che possiamo azzardare è che sia più contagiosa della Delta: i dati epidemiologici in nostro possesso e gli studi in vitro sembrerebbero confermarlo, ma non possiamo ancora affermare nulla con certezza. Nel caso, potrebbe anche soppiantare le varianti già in circolazione, ma è tutto da confermare”.
L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 3 dicembre 2021
Alberto Barbirato