Una donna che ama le storie, un uomo che non aspetta più la verità, un ragazzino che pensa che i pesci sono stupidi (se li guarda galleggiare arresi su acque che non sa essere inquinate). E poi una coppia che porta a casa la pelle perché incontra la fortuna, una signora che vede il mare in Campo del Palio, un costruttore di balene, un volontario affascinato dalla rugiada, un poliziotto cocciuto, un partigiano dallo strano nome, un appassionato di muffe. Che cosa accomuna i trenta personaggi astigiani de “Il senso dell’acqua”? L’aver vissuto vicende insolite con l’acqua di mezzo: acqua di fiumi e torrenti di casa o di falde sotterranee, mari e laghi del mondo. Storie assolutamente vere raccolte e scritte da Laura Nosenzo: curiose, ironiche, amare, struggenti. Costellazioni di stupori e disillusioni che testimoniano come l’acqua per ognuno di noi abbia un senso particolare, secondo i vissuti che ci siamo scelti o che ci sono stati assegnati. “Il senso dell’acqua”, edito da Araba Fenice, sarà presentato oggi, sabato 25 ottobre, alle 17, alla Casa del Teatro (ex Auditorium del Centro Giovani, via Goltieri 1) nell’ambito della rassegna “Un capogiro d’acqua”. L’autrice, che oggi converserà con Gianfranco Miroglio, ha risposto ad alcune domande per noi.
Trenta personaggi, storie d’acqua e di terra: della nostra acqua e della nostra terra, ma non soltanto. Come hai trovato gli spunti per questo libro?
“L’inizio è stato per curiosità che, come dice Nabokov, è insubordinazione allo stato puro.
Volevo mettere il naso in una storia che sapevo avere un finale struggente. Me la sono fatta raccontare. Ne ho subito il fascino: c’era l’acqua di mezzo e l’acqua, su di me, ha sempre avuto un’attrazione speciale. Proprio come le storie.
Ho pensato che mi sarebbe piaciuto raccogliere storie insolite di astigiani a contatto con l’acqua. Non avevo ancora finito di pensarlo che, senza quasi neanche cercarle, mi sono venute incontro altre storie: sembrava non aspettassero altro che uscire allo scoperto. Altre me le hanno suggerite, altre ancora le ho trovate chiedendo ad amici o a persone che mi piacciono se non avessero avuto un episodio particolare, nella loro vita, legato all’acqua: dai nostri fiumi, i racconti si sono spinti in giro per il mondo. In effetti si potrebbe dire che questo è il libro dei miei amici e di altre persone che spero lo diventeranno”.
Alla tua sesta prova come scrittrice, quali sensazioni ti ha lasciato questa narrazione?
“A me interessa il sentire delle persone, è per questo che scrivo. E poi sono assolutamente d’accordo con chi sostiene che scrivere è vivere altre vite. Per me è così.
Mi piace entrare e uscire dalle vite delle persone, a volte passarci, altre volte rimanervi: sono fortunata perché ho sempre trovato uomini e donne che me l’hanno lasciato fare.
Alla fine nascono amicizie, sintonie, belle cose.
Con “Il senso dell’acqua” ho imparato che se di qualcuno ti prendi la sua storia, ti prendi anche il suo dolore, la sua allegria, malinconia, tenerezza. E’ una bella responsabilità, ma anche un privilegio assoluto e raro.
Sono grata ai trenta protagonisti del libro per avermi permesso di abitare le loro storie, lasciandomi libera di immaginare e raccontare a modo mio. Complici meravigliosi”.
Lavori come questo, e altri negli ultimi anni, stanno facendo crescere l’attenzione dell’opinione pubblica per i fenomeni naturali. Eppure la sensazione, anche con i disastri di Genova delle scorse settimane, è che si faccia sempre troppo poco per evitare le tragedie. Cosa si può fare a tuo avviso per rieducare a un corretto rapporto tra l’uomo e la natura?
“Prendendosi ognuno le proprie responsabilità, non delegando sempre ad altri. Agendo sulle nuove generazioni, ma pretendendo anche sindaci e amministratori preparati e competenti, con le idee chiare e il coraggio di decidere. Lo so, non ce ne sono tanti. Ma proviamoci”.
Il libro è stato realizzato con il patrocinio del Comune di Asti, dell’Ente di Gestione delle Aree Protette Astigiane e con il sostegno della F.lli Saclà spa. Laura Nosenzo, al suo sesto libro, ha raccolto storie tra il Monferrato e le Langhe, l’Europa della guerra e l’Africa del bisogno quotidiano, fino alle suggestioni dell’Oriente e alle contraddizioni del Centro America. Il volume racconta avventure, alluvioni, sogni e conflitti vissuti da uomini e donne nei loro territori lambiti dai fiumi (Tanaro, Belbo, Bormida) o su acque in giro per il mondo, viaggi nella notte del Mediterraneo in cerca di futuro. Rivisita il dolore di chi ha ferite che non si rimargineranno (il dramma della Costa Concordia e del Moby Prince nel Tirreno), ma rispolvera anche schegge di memoria ancora fresche di risate, sfide vinte, illusioni agguantate, segreti e intimi ricordi che nemmeno l’acqua più impetuosa potrà mai portare via. Parallelo alla narrazione scritta è il percorso fotografico di Michela Pautasso e Paolo Smaniotto.
Marianna Natale