Uno degli Astigiani più incalliti e tenaci, Livio Musso, torna, dopo sei anni, in libreria con “Amnanvis” (Team Service, 18 euro), la sua ultima fatica letteraria dedicata alla nostra città.

Dalle sue parole disincantate a volte traspare un senso di amarezza per una città che non c’è più, ma che lui continua ad amare profondamente.

Siamo curiosi di saperne qualcosa in più direttamente dalla voce dell’autore.

Dopo sei anni è uscito con un nuovo libro: qual è stata la molla?

“Non è stata una vera e propria molla che abbia fatto scattare in me il desiderio di scrivere un altro libro di ricordi e storie astigiane. Mi è bastato vivere la mia città, respirarla tutti i giorni, consumare un po’ i suoi marciapiedi e i ricordi, i volti, le voci degli anni passati sono tornati stimolando la memoria, facendo scattare la ricerca di antichi aneddoti, di curiose e nobili biografie. Degli otto libri scritti finora, ben sei hanno Asti quale vera protagonista, che ho raccontato non come cronista ma in veste di testimone, a volte un pelino protagonista credibile dando alla scrittura un taglio fortemente autobiografico mettendoci, come si dice, la faccia ma anche di più: i giorni della mia vita astigiana. “Amnanvis” è un titolo emblematico: parla di un mondo che non c’è più, con grande nostalgia. Ho una predilezione per i titoli formati da una sola parola come, ad esempio, Maniman, Fulandran, Ambaradan, parole che, nella loro essenzialità evocano purtuttavia un mondo intero. Ad Amnanvis pensavo da tempo e così, maturata l’ora per un nuovo libro, l’ho scelto quale titolo. Il fantastico, cinematografico gemellaggio con Amarcord di Federico Fellini che, con la stessa parola nel suo dialetto romagnolo, Amarcord, ha scritto sullo schermo l’universo della sua infanzia e gioventù riminese. La storia è sempre la stessa: la grande nostalgia non è altro che un grande rimpianto, prustianamente irrisolto, della nostra gioventù. Degli Anni belli”.

Il libro è dedicato a Venanzio Malfatto, grande storico astigiano. Perché?

“Ho voluto dedicare “Amnanvis” al professor Venanzio Malfatto come atto di stima e di gratitudine. Pensate al professore che ha scritto i suoi 11 libri nati da una monumentale mole di lavoro di ricerca i cui risultati trascriveva conditi da appunti, il tutto scritto a mano per poi riempire centinaia di fogli di aneddoti, biografie, dati statistici, elenchi. La gratitudine è dovuta fuor d’ogni dubbio da tutti coloro che, come il sottoscritto, hanno spesso attinto, per scrivere i loro libri astigiani, dai volumi del professor Venanzio Malfatto. Non solo scrittori ma anche studiosi e giornalisti che hanno preso spunti e appunti per poi allargare le loro ricerche. Come grande amico di famiglia di Sofia Giannandrea, moglie del professor Malfatto, ho avuto l’onore di poterla affiancare quando ha espresso il desiderio di vedere riconosciuti i meriti del marito: sabato 5 marzo 2022 si era svolta la cerimonia di intestazione al professor Venanzio Malfatto della rotonda situata in fondo a corso Torino dove si incrociano corso Torino con corso 25 Aprile e corso Ivrea”.

Qual è stata la perdita più grande di Asti in questi anni?

“Asti ha perso, negli anni, tantissime cose: palazzi, fabbricati importanti, chiese ma, soprattutto, sta perdendo la sua ‘anima’, quella fiamma vitale che si è dispersa, soffocata da un crescente modo di vivere che le ha tolto, ad esempio, quello che si dice essere ‘a misura d’uomo’, sempre più caotica, rumorosa, poco rassicurante la sera, e altre belle cose. Quando mi si dice ‘è così ovunque’ mi arrabbio un poco, non riesco ad accettarlo, non ho voglia di buttarmi nella mischia. Camminando per le strade ho visto sparire tante belle cose ma, in compenso, vedo crescere tre nuove realtà che sono: ignoranza, maleducazione e arroganza, Oggi, in Asti, il famoso Marchese del Grillo di Alberto Sordi la fa da padrone. E non è bello. Non è bello e non è giusto”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 6 settembre 2024

Massimo Allario