Proprio nell’anniversario dei 700 anni dalla morte del sommo poeta Dante noi astigiani possiamo fregiarci di annoverare una giovane ricercatrice canellese che ha dedicato molti anni allo studio di Gianbattista Giuliani, canellese d’origine e grande appassionato di Dante.
Stiamo parlando di Valentina Petrini, trentenne, insegnante di Lettere all’Istituto Artom di Canelli, una laurea in Filologia moderna e un dottorato concluso nel luglio scorso con la tesi da “Eccellente cum laude”, ovviamente focalizzata su Giuliani e Dante, e che ha appena partecipato all’Alma Dante, convegno internazionale che ogni due anni riunisce a Ravenna gli studiosi del Sommo Poeta di tutto il mondo. Valentina, autrice di numerosi saggi, ci illustra i suoi brillanti studi e gli aneddoti che hanno caratterizzato gli intrecci tra G. B. Giuliani e Dante.
Da dove nasce la sua passione per lo studioso canellese?
“La mia passione per Giuliani ha radici profonde: da canellese ho sempre avuto sulle labbra il suo nome e ho frequentato la scuola elementare a lui intitolata quando ancora si trovava nell’antico edificio, oggi sede dell’Agenzia delle Entrate e dell’Osteria dei Meravigliati. Il nostro primo incontro è avvenuto quando ero bambina: io e alcuni miei amichetti stavamo giocando nel cortile della scuola e improvvisamente mi è venuta la curiosità di capire chi fosse quell’uomo che scrutava i nostri giochi. Ho quindi chiesto informazioni alla maestra, ma mi sono ripromessa che, da grande, avrei cercato di saperne di più. Ci sono voluti parecchi anni perché riprendessi in mano il mio proposito di bambina: tredici, per l’esattezza. Frequentavo il primo anno di Lettere Moderne all’Università di Pavia e la professoressa di Storia della Lingua italiana ha citato Giuliani con il suo nome esteso, Giovanni Battista: noi canellesi non siamo soliti chiamarlo in questo modo ma, più affettuosamente, usiamo l’acronimo G. B. Da quel momento è iniziata la mia avventura, durata ben nove anni (per il momento), che mi ha portata a toccare con mano cosa significa fare davvero ricerca, sporcarsi le mani in archivio, riportare alla luce documenti del passato e testimoni di vite dimenticate”.
Ci parli di G.B. Giuliani come grande studioso di Dante, argomento della sua tesi di laurea.
“Giuliani non è una figura semplice, non sicuramente paragonabile, come fruibilità, a Pavese o a Fenoglio: era un accademico di altissimo livello, studioso di Dante e del vivente linguaggio toscano, tra i maggiori dantisti europei del suo tempo e protagonista di quel dibattito intorno all’italiano, noto come “questione della lingua”, che ha permesso all’Italia di avere un idioma condiviso da tutti. I miei studi sono iniziati con la tesi triennale in Lettere che ha avuto come oggetto principale di studio il primo scritto di argomento linguistico di Giuliani, “Sul moderno linguaggio della Toscana”, stampato a Torino nel 1858. È stato anche il primo libro di Giuliani che ho materialmente acquistato: una copia con dedica autografa alla contessa Serego Alighieri Gozzadini, pronipote di Dante. Ho poi continuato a occuparmi dei suoi scritti con la tesi magistrale in Filologia moderna, per la quale ho realizzato una bibliografia ragionata, comprendente anche alcune opere minori, come un trattatello elementare di Algebra (Giuliani aveva iniziato la sua carriera da professore come insegnante di Matematica a Lugano) o l’allocuzione a Vincenzo Gioberti e le iscrizioni a Carlo Alberto. Per il mio dottorato, che ho terminato l’anno scorso, ho portato a conclusione il lavoro precedentemente intrapreso andando a concentrarmi principalmente sulle opere di argomento dantesco: la parte più complessa e ricca della bibliografia di Giuliani”.
Ci parli del metodo di Giuliani per studiare le opere di Dante…
“Giuliani visse in un secolo, l’Ottocento, in cui gli studi filologici moderni cominciarono a prendere forma, per questo il metodo da lui proposto e denominato “Dante spiegato con Dante”, basato sul principio dell’intertestualità, non ebbe grande seguito. Anzi, molte furono le voci, anche estremamente importanti, di critici e intellettuali che evidenziavano la soggettività di tali criteri. Tuttavia, se oggi apriamo una qualsiasi edizione della Commedia o delle opere minori di Dante, tra tutte quelle note che nella maggior parte dei casi risultano essere più ingombranti del testo stesso, troveremo che tale principio viene ancora adottato: per spiegare Dante, di cui non esistono autografi, neanche una firma, per capire le sue parole e il senso che voleva attribuirgli, uno dei sistemi ancora oggi adottati è proprio quello che Giuliani aveva portato all’estremo: confrontare quel preciso luogo, ad esempio della Commedia, con un altro in cui ricorre la stessa parola.
Per creare una continuità tra Giuliani, studioso dimenticato fino a qualche anno fa anche in ambito accademico, non si può non parlare del centenario dantesco che si celebra quest’anno. Il 2021 è l’anno in cui si ricordano i 700 anni della morte di Dante: in tutta Italia, a tutti i livelli, sono stati organizzati eventi di maggiore o minore importanza. Non si tratta però del primo anniversario che vede Dante protagonista: la prima volta che nel nostro Paese vennero organizzate solenni celebrazioni per festeggiare una ricorrenza legata al Sommo Poeta fu il 1865, per i seicento anni della nascita. In tutta Italia si organizzarono, partendo da Firenze, manifestazioni che celebrarono l’evento: tra coloro che furono chiamati a presiedere allo scoprimento della statua di Dante a Firenze (quella che ancora oggi si può ammirare di fronte alla Basilica di Sante Croce) ci fu anche Giuliani che tenne una solenne orazione di fronte al re Vittorio Emanuele”.
L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 2 luglio 2021
Massimo Allario